Ciò che non si conosce a volte desta sospetto, timore, si tende a diffidarne. Tante volte vedo persone intorno a me che vorrebbero dare avvio ad un percorso terapeutico, ma non lo fanno per “paura di cosa potrebbe succedere”. Ecco, per grandi linee, ed in modo molto semplificato, quali sono i cardini del processo terapeutico: Il ruolo del terapeuta consiste nell’ offrire al paziente delle opportunità di trasformazione, che non possono in alcun modo essere pilotate dal clinico, ma dipenderanno dalle scelte fatte dal paziente o della famiglia in terapia.
Il terapeuta, facilita la descrizione e la messa in scena delle storie dominanti dei pazienti in terapia, tramite l’ esplorazione del punto di vista di ognuno dei partecipanti e chiarendo la collocazione della funzione del sintomo, in senso relazionale.
Il terapeuta genera informazioni che producono nuovi elementi, una prospettiva differente rispetto a quella portata inizialmente dal paziente.
Gradualmente viene destabilizzata la struttura e la logica delle storie dominanti nella storia, e se ne facilita la trasformazione in narrazioni che contengono soluzioni alternative e costruttive.
Il terapeuta non può prevedere la specifica configurazione che prenderà la nuova storia, ma si aspetta solo che non contenga ciò che nel “qui e ora” è definito come problema e che contenga soluzioni alternative ad esso. Non è possibile prevedere la direzione della trasformazione, ma è possibile però influenzare la qualità del cambiamento.
Il terapeuta, in questo movimento di trasformazione, deve infatti saper scegliere la natura e la qualità del suo partecipare alle relazioni, ciò avviene riflettendo costantemente sul ruolo che egli gioca nel co-creare la realtà terapeutica in evoluzione, e sui modi per rendere l’ evoluzione favorevole al paziente.
Molte volte il nostro modo di contribuire alle relazioni è al di fuori della nostra coscienza, per questo ci viene in aiuto la consultazione tra colleghi: ciò equivale a rendere espliciti i pregiudizi che sono sottesi alle nostre azioni e alle nostre parole, essere consapevoli di come i nostri bisogni entrano in gioco in terapia ci permette di non confonderli con quelli del paziente.
Lo scopo della terapia non è dunque influenzare l’ altro, secondo le nostre credenze, pregiudizi o bisogni, ma di permettere all’ altro di vedersi come attivo e non passivo rispetto al corso della sua vita, un essere autonomo dotato di scelta e responsabile delle proprie azioni.
E’ importante fare attenzione al linguaggio: il linguaggio del paziente ci dice come egli costruisce la realtà, il linguaggio del terapeuta contribuisce a co-creare una nuova realtà con il paziente.
L’ attenzione al lessico, permette al terapeuta di individuare alcune parole chiave, parole ridondanti, che possono essere riutilizzate per ridefinire le situazioni di vita del paziente.
Il terapeuta di orientamento sistemico relazionale con il suo atteggiamento, comunica implicitamente al paziente che non esiste una verità, ma una pluralità di visioni che vengono co-costruite durante la terapia, dove il paziente non è un semplice ricettore di opinioni.
Questo permette al terapeuta di evitare di mettersi in una posizione di autorità, che ha come effetto quello di evitare la passività del paziente attivando il lui quel processo di autoguarigione, che passa per l’ assunzione di responsabilità nelle scelte della sua vita.

Angela Marchetti psicologa – psicoterapeuta – psicotraumatologa EMDR